Il video inizia con una lunga inquadratura su una chioccia, allarmata per la presenza di un intruso, che a poco a poco si tranquillizza e riprende ad accudire - sempre vigile - 13 pulcini al loro terzo giorno di vita. Segue una testimonianza di C. P.,1937, abitante dalla nascita a Sant'Angelo sul Sile. Lingua parlata: dialetto veneto di Treviso. Trascrizione in lingua italiana. «01:20 Crescente di luna ... in un giorno nascono tutti. Ci hanno messo un giorno a nascere. - E adesso quanto tempo li tiene a covare? Per covarli ci sono voluti 21 giorni, poi piano piano in un giorno sono nati. - Quanto ci vorrà perché diventino autonomi, questi pulcini? 40 giorni. Lei per 40 giorni li accompagna, dopo li abbandona e va per conto suo, ma per 40 giorni è insieme. [...] - Quante erano le uova che hai messo a covare? Quindici. Due sono state mangiate dai topi ... 13 sono nati. - Razza? Nostrana, perché il gallo era nato l'anno scorso da T., sempre da una chioccia. - Cosa intendi per razza nostrana? Razza nostrana? Nati in casa! Dalle nostre galline - Voglio dire, hanno un nome particolare? Nostrano è quello che allevi a casa, sennò sono di allevamento, pulcini fatti nascere con le macchine, con questo, con quello. - Promettono bene, cosa ti sembra? Sì, mangiano, iniziano già a "becoƚar" [piluccare]. Sua mamma tira fuori le briciole, le mette per terra, poi li chiama e loro beccano. Hanno piluccato subito subito, il primo giorno: il primo giorno sono nati, il secondo giorno hanno subito iniziato a mangiare. - Trattamenti, cosa gli fai? Niente, perché non c'è più "la goccia". Una volta gli davamo "la goccia", quando ancora c'era mia mamma, per farli vivere meglio. Adesso ["la goccia"] non c'è ... c'è solo per gli allevamenti, bisogna che tu ne prenda tanta, e non vale la pena per 13 pulcini. - Dove hai imparato quest'arte? Ancora da mia nonna, povera vecchia. E quando andavamo a prendere le galline sotto la siepe? No, a prendere i pollastri sotto la siepe perché le "ciòche" [chiocce] andavano a farli nascere da soli, sulle siepi, di qua e di là. 03:45 Domanda a G.! All'una di notte andavamo a prenderli sugli alberi, sulla siepe. Non te lo ricordi? Come, a prenderli? C'era la chioccia, le chiocce non una, che si facevano il loro nido, si allevano le loro uova; venivano fuori [nascevano] e gli si dava da mangiare, così, tutto libero. In fondo, sul prato, c'era quella siepe grande e loro [i polli] andavano a dormire dove erano nati, e andavamo a prenderli sugli alberi. Ma si parla ormai di 65 anni fa [...] - Sotto gli alberi, non sopra! No, sui rami. C'era la siepe bassa, boscaglia bassa, non acacie. Sul prato c'era "la boschéta", e là andavano su. E noi andavamo di notte "chièti" [piano piano], con la scala, li prendevamo per le gambe e li tiravamo giù; dovevamo prendere la scala, però. Oltre ad essere nostrani, erano anche selvatici, quelli [...] Loro venivano [anche] a mangiare di qua, però dove erano nati andavano a dormire. Questa è una verità, proprio robe viste da me, fatte da me. - E in più avevate [le covate] di casa. Sì, ce n'erano 7-8 nella caneva, sotto [...] Poi le "dindie" e i "piòti" [tacchine e tacchini] con tante uova; in più le oche. - In tutto, nella nostra famiglia quante persone c'erano? Eravamo 12-13 persone, quando io ero piccola. - Quante covate? Sempre 6-7, da maggio quando iniziavano le prime covate, fino a settembre [...] che dopo mangiavi e vendevi [...] 05:57 - Dove andavi a venderle? Al mercato, con la sporta, in bicicletta. Al mercato del pollame che adesso non c'è più. Sai dov'era? Qua c'era il mercato della verdura. Prima [di porta] San Tomaso, non c'era il mercato del pollame? - Sulle mura di Treviso. Lungo le mura. Prima c'era quelle della verdura e più avanti quello del pollame - C'era commercio? Sì, sì. Portavamo galline, pollastri, uova, anatre, conigli; quello che avevamo. Un a volta era così: vivevamo con la nostra roba di casa. Perché tu con un coniglio compravi, mettiamo, un chilo di carne, perché allora non ammazzavi le vacche, come adesso che ammazzano una vacca e dura 6 mesi. - Interviene il marito G.M. (Canizzano, 1934) 06:42 Non ti dice mica che andava da Ferruccio, a bottega, con le uova. Andavamo a scuola per i campi. In mano, da una parte la cartella e da una parte la borsa con 10-15-20 uova con cui prendevamo lo zucchero. Marito -- Portava a casa il formaggio, il baccalà o quel che serviva [...] - Prima di scuola portavi le uova... Andavo a scuola con la borsa e tutto. Lasciavo [la borsa] davanti alla bottega di Ferruccio, che era sempre aperta a quell'ora là, e dopo, quando tornavo indietro facevo la spesa, portavo a casa quello che mi serviva e verso l'una e un quarto eravamo a casa. Così era la vita: a piedi, per i campi, tranquilli.» * Video ripreso il 5 maggio 2012 con fotocamera Nikon Coolpix S3100

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